Cinque pensieri di Pippo Corigliano
vedi anche https://pippocorigliano.blogspot.com/

Chi è Pippo - Il buonumore - Le preghiere del giorno - Nozze di Cana - Le parabole - Lettura del Vangelo

 




PIPPO (GIUSEPPE) CORIGLIANO

Ingegnere, napoletano svisceratamente amante della sua città, si è occupato di formazione giovanile e di comunicazione. Mi permetto di riportare in sintesi le informazioni pubbliche che trovate anche sul suo blog.
Vorrei riportare qui alcune sue brevi meditazioni che ho trovato su facebook, perché mi hanno particolarmente colpito.
Per chiarire chi è la persona riporto i titoli di alcune delle sue pbblicazioni, dei premi ricevuti, e delle sue collaborazioni e realizzazioni:

  • 2008 Mondadori "Un lavoro soprannaturale" per il quale ha ricevuto il premio Capri San Michele.
  • 2010 Mondadori "Preferisco il Paradiso" . La vita eterna com’è e come arrivarci, che ha avuto sei edizioni ed è stato ripubblicato negli Oscar Mondadori.
  • 2012 Editore Cantagalli "intervista ad Ettore Bernabei."Un lavoro soprannaturale - Mondadori
  • 2013 ha ricevuto il premio giornalistico "Le buone notizie"
  • 2013 Mondadori "Quando Dio è contento/Il segreto della felicità".
  • 2015 Mondadori "Siamo in missione per conto di Dio/La santificazione del lavoro"
  • 2017 Mondadori '17 "Cartoline dal Paradiso 2".
  • 2019 Mondadori "Il cammino di San Josenaría" riceve il premio "Lettere per l'Area dello Stretto".
  • Collaboratore di Rai Vaticano
  • Collaboratore con la rivista Tempi
  • Direttore della Fondazione Perseus.
  • Ha realizzato documentari su
    • S. Josemaría Escrivá,
    • S. Alfonso de’ Liguori,
    • Introduzione al Cristianesimo di Joseph Ratzinger e sul magistero della Chiesa.
  • Dal'70 all'80 ha fatto parte della direzione dell'Opus Dei per l'Italia
  • direttore della comunicazione dell'Opera in Italia per quarant'anni (dal 1970 al 2011)

MT 28,18-20 Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, 20 insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato

 

 

 

 

Il buon umore
Ho già scritto su questo tema che mi sembra importante. Il buon umore si può definire in molti modi. C’è un aspetto fisiologico e uno culturale. Quando si sta bene è spontaneo stare di buon umore mentre in condizioni diverse richiede una decisione della volontà.Joseph Ratzinger
Trad.: Non c'è niente da fare - Parla semore chi
dovrebbe tacere
< A Napoli il buon umore si intravede dappertutto. Fa parte del patrimonio culturale della città tanto che lo stare di cattivo umore è considerato cattiva educazione. La cordialità sorridente è una specie di musica di sottofondo che a Napoli si avverte. Non così altrove. Stare di cattivo umore in molte parti viene considerato normale.
In effetti non sembra giusto. Il tratto gentile e sorridente allieta la vita agli altri e li induce ad assumere lo stesso atteggiamento. Prova ne sia che (è l’esempio più semplice) se entro in un negozio e aggiungo una nota scherzosa alla mia richiesta, quasi sempre chi mi riceve si adegua e scherza pure lui. Alle volte si giunge alle risate anche se l’argomento dell’acquisto è serio.
Stare di buon umore vuol dire che non trovo nella mia vita qualcosa di così tragico che mi rattristi. Chi sta di buon umore non merita la frase: “beato te che ridi e non capisci niente”, come se fosse una vispa Teresa. Invece può darsi che chi sorride sappia passare al di sopra degli inevitabili urti della convivenza e della vita, se non addirittura si rende conto che ciò che accade dipende dalla volontà di Dio e va accettato. In questo caso il buon umore è una conseguenza della fede. Ho conosciuto due santi di costante buon umore: Giovanni Paolo II e San Josemaría Escrivá.
Il buon umore non è un fatto accidentale: è un vero e proprio atto di virtù. Viva chi sa stare di buon umore!

 

 

 




Le preghiere del mattino e del giorno
La mattina presto dedico mezz’ora alla voga col mio vogatore. Negli intervalli recito una decina del rosario: questo mi consente, a mente fresca e senza fretta, di riflettere maggiormente sulle parole che dico.
Ad esempio, le prime tre richieste del Padre Nostro esprimono tre concetti simili fra di loro: “Sia santificato il tuo nome”, “venga il Tuo regno”, “sia fatta la tua volontà”.Alba sul mare - Mondadori Sto attento a non distrarmi e, se la mente se ne va, torno a ripetere le tre frasi. Se Gesù ce le ha insegnate così, vuol dire che dobbiamo tenere ben chiaro che la volontà di Dio per noi è essenziale sotto tutti gli aspetti.
Le altre richieste sono diverse fra loro. Il pane quotidiano viene spontaneo, mentre mi fa sempre riflettere il “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Mi sembra una richiesta così impegnativa da sembrare quasi pericolosa. Chiedo a Dio di perdonarmi i peccati come io perdono i miei “debitori”. Accidenti: chiedo a Dio di comportarsi come me. Devo stare molto attento. Contemporaneamente penso a quante persone ripetono questa frase a loro rischio e pericolo, dal momento che non mi sembrano tutti così teneri di cuore.
L’Ave Maria mi è diventata molto più colorita. Quando dico: “tu sei benedetta fra le donne e benedetto sia il frutto del tuo seno Gesù”, mi metto sotto lo sguardo della Madonna e mi pare che l’anima si riscaldi e si abbronzi alla luce dei Suoi occhi. La richiesta successiva (prega per noi peccatori…) è naturale anche se l’appellativo “Madre di Dio” mi sembra particolarmente audace rispetto alle critiche ricevute nel lontano passato.
Racconto queste cose per stimolare una recita ancora più proficua delle nostre preghiere ancor meglio di me.
www.pippocorigliano.it
Oggi, mentre facevo orazione, ho considerato come fra me e Dio ci sia un gran mare di mediocrità. Come ci può essere mediocrità con Dio? Basta che mi adatti al pensiero di essere semplicemente un buon uomo ed ecco che il rapporto con Dio si può definire mediocre. Non ha senso la mediocrità con Dio, con Gesù. Con Dio devo stare sempre al top dei miei sentimenti e disponibilità. Nel Vangelo gli incontri con Gesù sono sempre un’elevazione ad altezze mai viste, e io mi devo accontentare di essere “buono”?

Gli interlocutori sono due: io e Gesù. Se io parto con lo sguardo spento grande sarà il contrasto con la risposta di Gesù. Ho presente cosa vuol dire amare con tutto il cuore? Non posso pretendere di essere come Dante nel Paradiso ma una scossa me la devo dare. Soprattutto le aspettative di cosa può fare Gesù di me. Con Gesù la mia orazione diventa onnipotente. Non c’è nessun problema umano o divino che non possa essere affrontato. Se io sono quello che sono, Gesù è quello che è. Perciò non esistono confini con la potenza dell’orazione che Gesù provoca in me. Tutto è affrontabile, tutto è risolubile, basta abbandonarsi alla fede. Sì alla fede, perché se non vivo la fede con Gesù che me ne faccio? Devo abbandonare la falsa modestia che deriva dalla mia oggettiva condizione e capire che “posso tutto in Colui che mi dà forza” (Filippesi 4,13).


 

 

 

 


L’episodio delle nozze di Cana

L’episodio delle nozze di Cana, del vangelo di Giovanni, ha in sé tanti aspetti interessanti. Per prima cosa si legge: “ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.” La madre di Gesù viene presentata come un personaggio mentre la presenza di Gesù è descritta successivamente… Mi fa piacere questo riconoscimento ante litteram di Maria che fa capire la considerazione di cui godeva la Madonna ancor prima degli avvenimenti successivi.


Le nozze di Cana

“Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora».” Quando abbiamo letto questo apparente contrasto siamo restati meravigliati ma poi ci siamo resi conto che ci trasmette un confortante significato. Gesù in realtà acconsente alla richiesta di Maria, che con sicurezza dice ai servi: “Fate quello che vi dirà”. C’è intesa fra i due: un’intesa che ci porta ad aver fiducia nell’intercessione di nostra Madre. Maria è capace di cambiare l’ordine prestabilito a vantaggio nostro.
Nella realizzazione del miracolo c’è un clima di perfezione. I servi riempiono le giare “fino all’orlo”, viene precisato. Dopo che il maestro di tavola (il matrimonio era ben organizzato) ha assaggiato l’acqua tramutata in vino, dice allo sposo: “«Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po' brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono».
Non solo Gesù ha acconsentito alla richiesta di Maria ma lo ha fatto nel modo migliore possibile. La conclusione è che facciamo bene nel confidare in Maria e chiederle anche l’impossibile



 

 

 

 

 

Le Parabole: il figliol prodigo
Le parabole di Gesù sono tutte belle: le abbiamo ascoltate tante volte ma c’è il rischio di darle per scontate. La parabola del figliol prodigo, ad esempio, è ricca di particolari significativi.
La prima parte della parabola è descrittiva dello stato di bisogno del figlio dopo la dispersione della sua eredità.
Successivamente meritano attenzione i particolari che emergono dal comportamento del padre. Il figlio che torna non bussa alla porta ma il padre lo vede prima, perché scruta l’orizzonte con speranza… sta attendendo e spera.

Il padre non lo aspetta sulla soglia ma corre: è un anziano che corre. E lo baciò. In latino: cecidit supra collum ejus et osculatus est illum. Letteralmente: “gli piombò sul collo e lo baciò”.
Il padre si rivolge ai servitori e ordina la veste più bella. Allora i vestiti erano pregiati e la “veste più bella” fa capire che esisteva una gerarchia fra i vestiti: andava preso il capo migliore di tutti. A rivestirlo dovevano essere i servi, dice il padre, perché il figlio non aveva perso la sua dignità.
Mettetegli un anello al dito e dei calzari ai piedi”. Sia l’anello che i calzari erano accessori con un preciso significato d’importanza.
Portate fuori il vitello ingrassato…”.  Il padre non dice “un vitello” come ce n’erano nella stalla, ma “il” vitello. Era il migliore, la prelibatezza.
Perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato”. Qui c’è l’insegnamento di Gesù: La lontananza da Dio è morte e, soprattutto, il Padre ci aspetta ansiosamente. Dobbiamo allietare Dio. Dobbiamo farci ritrovare…
E si misero a fare una gran festa”. Per chi ha una concezione malinconica della fede, resti ben chiaro: il Padre organizza una festa. Con Dio si sta bene. Si ride e si è felici.
Il figlio menagramo che torna dalla campagna rappresenta anch’egli noi stessi quando subiamo la volontà di Dio di traverso. No! Noi dobbiamo abbracciare felicemente la nostra vocazione: lo stato in cui ci troviamo. E’ lì che dobbiamo gioire con Gesù e fare festa nell’affetto del Padre



 

 

 

 

 

Il dono dei cristiani: La lettura del Vangelo di Gesù Cristo

Noi cattolici abbiamo un dono grande. La presenza reale di Gesù. Durante la santa messa ascoltiamo quelle parole:
“Prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo
offerto in sacrificio per voi.
Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti
in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me.”
Nel momento in cui Gesù, sotto le sembianze del sacerdote, pronuncia queste parole è come se il soffitto si sfondasse e ci fosse lo stesso Gesù che parla al di fuori del tempo e dello spazio, …
Il Giovedì Santo è il giorno particolare in cui contempliamo questa meraviglia.
Un ostensorioAbbiamo questo privilegio che supera la nostra immaginazione. Nessuno ha un dono simile: essere al cospetto di Dio in un contesto di eternità, testimoni di un Dio che ci ama, si incarna, ci insegna e muore per noi. Ci identifichiamo con Lui: Lo mangiamo.
Molti di noi hanno ereditato una modesta concezione del cristianesimo propria di chi nella vita ha una serie di faccende da sbrigare. In mezzo a tutto questo c’è un intervallo, breve, in cui si pensa a Dio.
Per il resto si cerca di essere “buoni”. Un inno alla mediocrità.
Se si legge il vangelo si ha tutt’altra prospettiva. Dio ci aspetta come il padre del figliol prodigo, mentre noi tiriamo avanti con la sensibilità dell’altro figlio, quello che lavora in campagna ed è “buono” ma non capisce l’essenziale. Occorre accettare l’idea che le cose stanno diversamente di come siamo abituati a pensare.
Gesù ci ama con vibrazione e noi dovremmo corrispondere, pieni di amore di Dio. Tutto il resto viene dopo e la nostra vita può diventare una vita santa. Occorre convertirsi.

Commenti alla morte di Benedetto XVI, Papa Joseph Ratzinger
Leggendo i commenti alla morte di Papa Ratzinger sento il bisogno di precisare un punto: se ci fermiamo agli episodi del suo pontificato, primo fra tutti la clamorosa rinuncia, non mettiamo in luce il vero personaggio.Joseph Ratzinger
Non sono in condizione di commentare adeguatamente la vita e il pensiero di Ratzinger, che è il pensatore e teologo più imponente del secolo. La Provvidenza gli ha chiesto di essere vescovo, cardinale e papa e lui ha svolto il suo ruolo. Ma il patrimonio che ci ha lasciato sono i suoi scritti e i discorsi. Ratzinger va letto, punto e basta.
La sua “Introduzione al Cristianesimo” è un testo base che chiunque abbia fatto il liceo è in condizione di comprendere. Nell’introduzione Ratzinger racconta: “il libro è scaturito dalle lezioni da me tenute a Tubinga nel semestre estivo del 1967, ad uditori di tutte le facoltà… esso si propone di far comprendere in maniera nuova la fede, presentandola come agevolazione all’autentico vivere umano nel nostro mondo odierno, senza degradarne la consistenza…”
Allora Ratzinger aveva quarant’anni e aveva partecipato al Concilio in qualità di perito, collaborando con i maggiori teologi e porporati dell’epoca.
Sono in corso di pubblicazione, da parte della Libreria Vaticana, 16 volumi che raccolgono il suo pensiero filosofico e teologico, mentre case editrici hanno pubblicato libri tratti da suoi cicli di lezioni o prediche.
Sono notevoli le vicende del suo pontificato ma, in una prospettiva storica, la sua figura resta centrale per l’impegno di parlare adeguatamente di Dio all’uomo contemporaneo.
Oggi, mentre facevo orazione, ho considerato come fra me e Dio ci sia un gran mare di mediocrità. Come ci può essere mediocrità con Dio? Basta che mi adatti al pensiero di essere semplicemente un buon uomo ed ecco che il rapporto con Dio si può definire mediocre. Non ha senso la mediocrità con Dio, con Gesù. Con Dio devo stare sempre al top dei miei sentimenti e disponibilità. Nel Vangelo gli incontri con Gesù sono sempre un’elevazione ad altezze mai viste, e io mi devo accontentare di essere “buono”?
Un santo volto - NASA Gli interlocutori sono due: io e Gesù. Se io parto con lo sguardo spento grande sarà il contrasto con la risposta di Gesù. Ho presente cosa vuol dire amare con tutto il cuore? Non posso pretendere di essere come Dante nel Paradiso ma una scossa me la devo dare. Soprattutto le aspettative di cosa può fare Gesù di me. Con Gesù la mia orazione diventa onnipotente. Non c’è nessun problema umano o divino che non possa essere affrontato. Se io sono quello che sono, Gesù è quello che è. Perciò non esistono confini con la potenza dell’orazione che Gesù provoca in me. Tutto è affrontabile, tutto è risolubile, basta abbandonarsi alla fede. Sì alla fede, perché se non vivo la fede con Gesù che me ne faccio? Devo abbandonare la falsa modestia che deriva dalla mia oggettiva condizione e capire che “posso tutto in Colui che mi dà forza” (Filippesi 4,13).

 


 


11 settembre 2023