LA LIBERTÀ
Lino Bertuzzi - Luglio 2016

Libertà morale-Non avere padroniSchiavi di sé - Libertà e legge - Bene e male

PREMESSA

Per libertà s'intende la condizione per cui un´individuo dotato di ragione può decidere di pensare, esprimersi ed agire senza costrizioni, e di ideare e mettere in atto un'azione volontaria, scegliendo lo scopo e gli strumenti utili a realizzarla.
La libertà è la condizione che permette di portare la scelta da potenza all'atto, e quindi pare inutile dire che l'azione che l'individuo intende compiere risentirà necessariamente dei condizionamenti esterni, sia conseguenti a leggi fisiche cogenti, che da situazioni determinanti di altra natura. La libertà è percepita dal soggetto:

  • o come assenza di sottomissione, di schiavitù, di costrizione per cui l'uomo si considera indipendente,
  • oppure positivamente nel senso dell'autonomia e spontaneità del soggetto razionale: con questo significato i comportamenti umani volontari e positivi vengono qualificati come liberi.

Le azioni umane libere sono dunque volontarie e razionali. Per essere razionali, hanno bisogno di avere uno o più obbiettivi e in tal senso possono essere definite buone o cattive in funzione del fine che si intende raggiungere e dei mezzi che si impiegano.

LA LIBERTÀ MORALE E DI PENSIERO

Riguardo all'ambito della libera scelta si parla di libertà moralegiuridicaeconomicapoliticadi pensierolibertà metafisicareligiosa ecc. In realtà la libertà di cui parliamo qui è quella inerente all'individuo che, pur quando limitata da fattori esterni cogenti è in ultima analisi un principio che riguarda ogni persona umana dal punto di vista morale, in quanto la persona umana è dotata di capacità di giudizio e di capacità giuridica. Insomma, comunque la si pensi in proposito, non credo che qualcuno possa negare che la libertà morale è la base, la madre e il cappello di tutte le libertà.

La frase di Cicerone. 'la libertà (...) non consiste nell'avere un buon padrone, ma nel non averne affatto' pur riguardando la politica dell'epoca e avendo avuto allora uno scopo politico preciso, è però molto valida come principio del ragionamento generale. Il grande Cicerone, per me un personaggio poco coraggioso, stava allora dalla parte degli aristocratici e ce l'aveva con i tribuni della plebe e i 'populares' che come Giulio Cesare e altri pensavano che il popolo romano dovesse lavorare per guadagnarsi la vita, e che i latifondisti dovessero impiegare anche i liberi cittadini per i lavori dei campi e delle industrie.
Tornando alla libertà le leggi cogenti, che agendo nel mondo fisico limitano e indirizzano naturalmente la libertà e la capacità delle persone sono da considerarsi naturali e inviolabili, e in tal senso non sono vere e proprie limitazioni. Inoltre le macchine che servono per superare alcuni limiti fisici sono degli strumenti dei quali con la ragione e con la volontà si può trasformare la potenza in atto.

NON AVERE PADRONI

LA LIBERTÀ DUNQUE CONSISTE NEL NON AVERE PADRONI. Non si tratta però del 'padrone', cioè di quello marxianamente visto e demonizzato come proprietario dei mezzi di produzione, oppure di colui che possiede più cose di un'altro. o che possiede cose che un altro non ha. Non si tratta della mancanza di libertà derivante dalla cosiddetta 'alienazione' del lavoro (leggi 'furto') operata dal capitalista che sfrutta i poveri operai, ma della libertà individuale del singolo.
in fondo la realtà statale, quando opprime l'individuo e ne tarpa le volontà, non elimina alienazione, ma la crea. Lo stato ingiusto è un corpaccione cieco e sordo che ospita miriadi di parassiti e privilegiati e rende schiavi gli altri uomini.
Il filosofo marxiano, qualunque cosa si possa aggiungere in proposito per adornare di fronzoli esprime una filosofia demenziale e incompatibile con la natura umana, intende la libertà esclusivamente come principio materiale perché 'l'uomo è ciò che mangia' e quindi bandisce ogni principio immateriale e spirituale.
Un grande polverone di giudizi politici o pseudo-politici sollevato ad arte per vari motivi da persone cattive che mentono sapendo di mentire, o da coloro che per interesse o altro sono da costoro strumentalizzati, non può però nascondere il fatto che si può toccare con mano ovunque e tutti i giorni della vita nostra e di tutti gli altri esseri umani: cioè che INVECE la vera libertà dell'individuo singolo dipende anzitutto dai principî morali che impediscono all'essere umano di rendersi schiavo di sé stesso.

IL MALE È CIÒ CHE RENDE SCHIAVI L'UOMO E LA DONNA E PRIGIONIERI DI SÉ STESSI

Si tratta in genere della dipendenza psicologica da qualcosa che una persona si è creata a causa di fattori esterni o per proprie decisioni sbagliate. I FATTORI ESTERNI POSSONO ESSERE MOLTEPLICI E DI QUALUNQUE ORIGINE, MA SEMPRE ALLA RADICE DI ESSI C'È STATA UNA MANCANZA DI LIBERTÀ CHE DIPENDE ALL'ORIGINE DAI COMPORTAMENTI INDIVIDUALI.

Un esempio è l'uso di droga, o l'abuso di alcool e di tabacco, che divengono una dipendenza psicologica, del tutto simile a quella che deriva da altre abitudini malsane e spesso innaturali o da certe perversioni. Oggi la ricerca ha provato che queste sono causa di vere e proprie modificazioni dei circuiti neurali, per di più quasi sempre irreversibili, mentre non sono ancora chiare tutte le conseguenze i danni genetici che le abitudini negative provocano sulla discendenza.
Sempre prendendo ad esempio l'alcolista o il fumatore accanito - non parliamo del tossicodipendente che è uno schiavo recuperabile solo con immani fatiche - dicono ' posso smettere quando voglio' ma questo non è vero. Le sofferenze di una persona che voglia liberarsi di un vizio limitante sono notevolissime e non hanno sempre successo.
Se è vero che 'la libertà non consiste nell'avere un buon padrone, ma nel non averne affatto', nel caso del drogato dell'alcolista o del fumatore accanito, il padrone che essi si sono creati non è affatto buono ma è un vero e proprio agente demoniaco.

A questo punto risulta evidentemente sbagliato e pretestuoso l'assunto antropologico su cui si fonda il relativismo moderno, fissato sul notare come si sono evolute ed esistono società e gruppi umani dove certi tipi di azioni sono giudicate giuste o sbagliate sulla base di leggi e consuetudini che in altre società sono giudicate in modo totalmente opposto.
Ragionando in tal modo nessun atto conoscitivo può raggiungere la natura oggettiva delle cose, né rappresenta una verità assoluta valida per ognuno; per forza di cose ogni conoscenza è relativa alle esperienze sensibili dell'uomo, poiché tutto viene filtrato dalle percezioni umane, limitate ed imperfette.
Queste idee sono generalmente propagate oltre che dagli atei e in genere dai filosofi materialisti, anche da tutti coloro che, per propri interessi o spesso per situazioni personali (chiamiamoli anche gli scheletri nell'armadio) mal sopportano l'esistenza di leggi morali; generalmente non si tratta di posizioni filosofiche ma dei tentativi di soffocare la voce della coscienza.

Per non addentrarsi nell'analisi di fattori che attengono alla religione basti dire che

  • non può dirsi libero chi con il pretesto di esserlo compie azioni tali da crearsi delle gabbie dalle quali sarà poi difficile o impossibile evadere
  • non è libero chi è soggetto a dipendenze psicologiche auto-generate, anche se prodotte da fattori ambientali.
  • non è libero chi danneggia intenzionalmente il prossimo, e la società, facendo ad altri quello che lui stesso non accetterebbe perché cosí facendo obbliga altri ad agire allo stesso modo.

Diciamo dunque che l'essere umano è libero pur soggiacendo a condizionamenti esterni anche insormontabili, cioè cogenti, solamente quando agisce BENE. Ma cos'è BENE e cos'ê MALE? Questo è il problema. Come distinguere?

LA LIBERTÀ E LA LEGGE

Come sia stata stabilita, o si stabilisca la legge è un altro argomento che da una parte implica il concetto di evoluzione di una società, e fa parte della filosofia politica, dall'altra le certezze della religione cristiana e non solo di quella.
Ci deve comunque dire che il corpus iuris che l'uomo si dà, ha il solo scopo di rendere civile e ordinata per quanto possibile la convivenza degli esseri umani.
La legge civile per esempio non dovrebbe essere vista come una gabbia che ti limita, ma come un faro che ti guida per impedirti di sbagliare e di danneggiare te stesso e gli altri. Per questo motivo personalmente ritengo che l'eccesso di legislazione e la complessità delle legislazioni siano altrettanto pericolosi della mancanza di leggi. È l'uomo che deve creare la legge, la legge è per l'uomo e non viceversa.

Purtroppo oggi imperversa una certa mentalità di moda, che focalizza solo l'aspetto formale e non quello sostanziale per cui c'è un coacervo di leggi e leggine e regolamenti che induce l'uomo a fare il male, cioè a offendere gli altri e danneggiarli.
Si pensa che basti scrivere qualcosa, un regolamento o una leggina all'occasione, perché un problema sia risolto, e giù a scrivere articoli commi leggi emendamenti, sub-emendamenti e regolamenti e a litigare in parlamento su cose che in ultima analisi vanno a vantaggio di pochi furbi.
La conseguenza è un aumento della inefficienza e della ottusità della macchina statale, la diminuzione della produttività, l'aumento dei costi della vita, e del livelli di ingiustizia sociale, e la creazione di un clima insopportabile di oppressione, esso stesso fonte di male.
Questo si verifica quando prevalgono nella società sentimenti di conflitto sociale e idee collettiviste o si laicizza una religione. Non avendo il coraggio di realizzare lo Stato Padrone, si usa la legge come strumento per surrogarlo.
Per il discernimento del bene dal male rimangono solo aspetti formali, imperfetti e ingarbugliati, moltiplicati all'inverosimile da coloro che credono di definirli in miriadi di singoli casi di interessi particolari. Ma l'eccesso di leggi alla fine equivale a nessuna legge, come dimostra l'aumento delle dimensioni dei volumi dei codici, dovuto all'introduzione di fattispecie che nella maggior parte dei casi sarebbero inutili perché gia presenti in altra forma.

Se non avviene per difesa dei beni e delle persone l'omicidio è omicidio. Che bisogno c'è di introdurre il reato di 'omicidio stradale'? Quando uno guida ubriaco o drogato e senza patente o magari una macchina rubata, è colpevole e va messo in condizioni di non nuocere e rieducato per lungo tempo mediante lavori forzati, magari.
I giudici che ieri hanno mandati liberi simili assassini troveranno il modo di farlo lo stesso anche con una nuova fattispecie di reato. È chiaro che Il problema non è ammodernare il vecchio codice penale anteguerra, che talvolta è stato ammodernato, ma sempre è stato inutilmente peggiorato in molti aspetti.

Il legislatore non ha compreso che non è utile distorcere e rendere più prolisso il corpo delle leggi, perché Il problema vero è l'adeguatezza del giudice all'alto compito che lo attende.
Infatti il giudice, anche se impreparato, ignorante e putacaso psicopatico come tanti sembrano essere oggi, è pressoché onnipotente e insindacabile perché proviene da un ambiente culturale e formativo distorto e politicizzato. I cattivi maestri che nei decenni del dopoguerra si sono adoperati quasi ovunque per distruggere la scuola hanno infatti avuto un grande successo nell'opera di demolizione della società.
Accade infatti che anche che le leggi coi loro cavilli e garbugli siano tali da essere usate come un'arma contro altri uomini, anche con pretesti apparentemente buoni e forieri di libertà civili, per limitare la libertà e rendere schiavo il prossimo. La complicazione è poi di solito tale che solo gli specialisti - e talvolta neppure loro - riescono a capirle..

Per fare un esempio i vecchi e gli ammalati fuggono dall'Olanda dove esiste una legge sull'eutanasia e vanno a ricoverarsi in Francia o in Germania, dove tale legge non esiste. Evidentemente la paura di essere uccisi, magari dai parenti che vogliono derubarli, è un fatto reale. Potrei dire anche altro e parlare di aborti cellule staminali embrionali, fabbriche di angeli etc etc.

Invece la legge dovrebbe essere il più semplice ed efficace possibile, pur tenendo conto che il male esiste, e si può chiaramente individuare sia dalle sue cause, dalla sua genesi, che dai suoi effetti. La cosiddetta 'legge naturale' è un esempio di semplicità al quale, volente o nolente, si sono ispirate nei secoli le legislazioni dei paesi civili. La cosiddetta 'legge naturale', può essere giudicata sotto l'aspetto evolutivo della società umana che l'ha generata e maturata a adattata ai tempi, ma anche come portato dalla religiosità umana, quindi suggerita da interventi soprannaturali.

L'individuo che vuole agire bene oltre a evitare cose e situazioni che lo rendono schiavo di altri e di sé stesso può dunque avere un riferimento assoluto per distinguere il bene dal male, ed essere libero agendo bene. Se si fa il male non si è liberi.

COME DISTINGUERE IL BENE E IL MALE

Dunque qui il discorso su entrambi gli aspetti della legge naturale sarebbe troppo lungo: anche se non vi può essere contraddizione tra l'uno e l'altro, poiché hanno la stessa origine i singoli aspetti vanno affrontati nella propria sfera cioè quella etico-politica l'uno e quella religiosa l'altro. facciamo un discorso elementare e pragmatico, esaminando i principali 'articoli' di questa legge nell'ottica etico-politica.
Comunque la si veda, bisogna constatare che una legge naturale, insita nell'uomo in quanto essere razionale che vive in comunità con altri come lui, sicuramente esiste. come del resto esistono precise leggi fisiche e chimiche che governano la materia. Oso affermare che questa legge ha carattere di assoluto e che il suo grado effettivo di presenza e applicazione, presente sia negli ordinamenti legislativi che sui comportamenti dei singoli, determina - o dovrebbe farlo - l'armonia e la valenza umana e materiale di una società sulla base della legge stessa.

Sicuramente qui di seguito sono scritte cose ovvie, direi banali, ma utili per il passo successivo, cioè l'affermazione della sacralità della Legge Naturale. Di enunciati della legge ce ne sono tanti, tutti equivalenti. La legge enuncia in modo semplice alcune delle prescrizioni pratiche che si devono accettare e in media osservare per poter vivere in una comunità civile. Esse sono:

  • Onora tuo padre e tua madre: dato per scontato che la famiglia naturale è la cellula base della società, questa prescrizione vale anche per i genitori verso i figli. Vediamo in tempi di crisi quanto sia utile l'aiuto della famiglia e la solidarietà tra i suoi membri. La mancanza di famiglia e affetti porta verso condizioni psichiche di instabilità, con effetti drammatici per l'individuo e negative per tutta la società. Nel mondo animale questa legge esiste nell'istinto degli animali evoluti, a seconda delle necessità di assistenza e protezione dei neonati dovute alle caratteristiche proprie, perché destinata ad assicurare la sopravvivenza della specie.

  • Non uccidere: potrebbe sussistere un gruppo di esseri razionali la cui legge fosse "Uccidi, se puoi, chiunque ti capita a tiro"? Le motivazioni: eliminare un fastidio, appropriarsi di qualcosa che non t'appartiene etc etc. La legge è interpretabile perché l'istinto di conservazione che ti porta a difendere te stesso o il tuo gruppo è anch'esso un fattore di sopravvivenza.
    Ma è essenziale che si affermi con forza, per assicurare che la pace sia un fattore e una esigenza predominante e che la violenza fisica non sia abitualmente praticata per altri motivi. In caso contrario, come vediamo, le atrocità i dolori e gli sterminî di massa non mancano. Nessuno può dire che queste siano cose desiderabili, se non un pazzo. O no?

  • Non commettere adulterio; può un uomo essere contento di dover mantenere un figlio che non è suo e quindi non porta i suoi geni? Può una donna essere felice che suo marito abbia rapporti con altre donne e trascuri il benessere suo e dei figli? Evidentemente no. Certe situazioni, che in certi spettacoli cinematografici si fanno sembrare come normali e tranquille e civili, non lo sono affatto, specie nei confronti dei figli che immancabilmente ne sopportano le conseguenze, economiche o morali o psichiche che siano. Talvolta sono gravissime le conseguenze che portano addirittura a uccidere. L'etologia ci dice che la gelosia sussiste anche nel mondo animale, negli animali che vivono in gruppi, come ad esempio i lupi.

  • Non rubare [o rapire]: tu che ti sei guadagnato ciò che hai con il tuo lavoro, o che hai avuto da tuo padre il frutto del suo, non puoi essere contento che qualcuno ti porti via qualcosa che ti serve per vivere o qualcosa o qualcuno a cui tieni. I tuoi beni e il tuo tempo puoi anche regalarli per far del bene al prossimo, ma se qualcuno te li sottrae con la frode o con la violenza non ti fa certo piacere. Come puoi mantenere te stesso e i tuoi cari e assicurare il benessere futuro della famiglia se qualcuno ti deruba? Se qualcuno tenta di farlo devi difenderli.

  • Non fare falsa testimonianza contro il tuo prossimo: c'è forse qualcuno che ritiene bello e commendevole calunniare, accusare falsamente le persone, offenderne l'onore e il decoro? Purtroppo oggi un malinteso senso di 'democrazia' e di 'diritto all'informazione', in realtà si tratta di invidia e l'interesse mascherati da ansia di 'giustizia', incoraggia la calunnia e la maldicenza.
    Proviamo però a considerare cosa si proverebbe a essere dalla parte della persona offesa. Quando poi la calunnia, la maldicenza o la menzogna sono fatte per interesse a conseguire vantaggi economici o politici o di qualunque altro tipo, si tocca il massimo dell'abiezione. Questo purtroppo oggi va molto di moda, insieme agli inverecondi polveroni sollevati dai mezzi di comunicazione di massa.

  • Non desiderare la moglie del tuo prossimo. Libidine, avidità o altri sentimenti e inclinazioni al male possono portare un uomo, o una donna, a cercare la rovina di una famiglia. Inutili ulteriori dettagli: basti mettersi nei panni di chi subisce un torto come questo. Qualche brillante e anche illustre scrittore ci ha scritto sopra libri interi.

  • Non desiderare la casa del tuo prossimo... né alcuna delle cose che sono del tuo prossimo: aggiungiamo a questo la posizione sociale e il prestigio personale. L'invidia e l'orgoglio sono quello che stimola a desiderare ciò che il prossimo possiede. Se uno non fa nulla per realizzare questo desiderio, e continua a invidiare, danneggia solo sé stesso, e rende infelice la propria esistenza. Ma il desiderio può indurre talvolta l'azione, cioè menzogna furto e omicidio. Mi vengono in mente quelle tribú dei selvaggi nordici seminomadi - i Viking, pirati - che adoravano un dio (Odino) che prescriveva loro violenza e furto ai danni dei vicini. Più uno depredava e uccideva più era considerato uomo valoroso e giusto.

Mi si potrebbe dire che allora se sono un lussurioso non faccio del male quando non c'è violazione di questa legge. Questo non è vero perché essere abitualmente lussuriosi è essere schiavi del proprio vizio, come il drogato è schiavo della droga. Inoltre si può in molti modi arrivare a fare male o danneggiare qualcuno e addirittura renderlo schiavo.

Le chiavi di lettura di questa legge sono queste

  1. non è la lettera della legge, ma è il suo scopo che conta.
  2. Anche se non si viola questa legge il nostro comportamento è sbagliato quando ci rende schiavi di noi stessi e limita la nostra libertà di agire per il bene. Essere schiavi di qualcosa non è essere liberi.
  3. Si viola lo spirito di questa legge se in qualche modo, pur rispettandone la lettera, si agisce in modo di limitare la libertà degli altri o li si danneggia.
  4. la gravità dell'offesa è commisurata alle conseguenze.

Non consideriamo qui la valenza spirituale della legge, che pure esiste. Difatti non abbiamo parlato della prescrizione del riposo, né della santificazione del tempo dedicato al riposo, né degli obblighi di riconoscenza che abbiamo verso Dio Creatore di tutte le meraviglie che abbiamo sotto gli occhi.. Però, che si dica che queste leggi sono frutto del tempo e della pratica delle società umane più evolute, o che si creda che facciano parte dell'insieme delle regole vigenti nel creato, ebbene non si potrà negare il senso di colpa che sentiamo dentro di noi ogni volta che le violiamo, o cerchiamo di farlo.

DISTINGUIAMO IL BENE DAL MALE SECONDO QUESTI POCHI ENUNCIATI E RENDIAMOCI LIBERI. LIBERI DI FARE IL BENE. SE TUTTI LO FACESSERO NON CI SAREBBE BISOGNO DI CODICI E LEGGI, MA ALMENO CERCHIAMO DI NON COMPLICARCI TROPPO LA VITA CON COSE INUTILI COMPLICANDO ECCESSIVAMENTE COSE GIÀ COMPLESSE.

Io, ho cominciato a sentire una vocina dentro di me che mi rimproverava quando rubavo le noccioline dalla dispensa della mamma, o indebitamente mi appropriavo di una liretta dimenticata da qualcuno dei grandi per comperarmi un pescetto di liquirizia al negozio della zia Luisetta.

 

 

 


Lino Bertuzzi